Santo Stefano Magra

Val di Magra

Santo Stefano Magra

Cultura e Tradizioni

Santo Stefano di Magra rappresentò una importante tappa lungo la Via Francigena, la via peregrinalis per eccellenza verso Roma, la Terrasanta e Compostela.

Assieme ai pellegrini giunsero idee, cultura e scambi commerciali e il tracciato viario medievale contribuì così al grande risveglio europeo attorno al Mille.

S.ce Stephane fu conosciuto anche come importante luogo di mercato a partire dal IX secolo e, con il suo hospitale, fu sicuro rifugio in un territorio spesso infestato dal brigantaggio o dalla tracotanza dei signorotti locali.

Nasce in questo modo la tradizione dell’ospitalità che, in questa terra, ha solide radici ed è una notevole risorsa su cui fare riferimento per ogni iniziativa turistica.

Un territorio quindi ricco di architetture storiche inserite in un notevole contesto paesaggistico che, dalle colline dominate da antichi borghi storici, scende verso il corso del fiume Magra, oggi nicchia ecologica di tutto rispetto, da valorizzare e rendere sempre più fruibile.

Mappa

Santo Stefano Magra

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La storia del paese:

Una delle prime testimonianze storiche di Santo Stefano richiama una sua precoce caratteristica mercantile. In un diploma di Ottone II, del 981, è ricordato infatti il “mercatum in plebe Sancti Stephani”, sottoposto alla giurisdizione del Vescovo di Luni. Il borgo era luogo di “passo” per i pellegrini diretti a Roma o a Santiago di Compostela: I’arcivescovo di Canterbury Sigeric, intorno al 990, lo ricorda come “Sce Stephane” e, più tardi, intorno al 1151, l’abate islandese Nikulas Munkathvera nomina “Urbanus Stephani” tra il “Convivium Marie e Luni”. Anche l’abate di Guny, chiamato a Roma da Papa Eugenio III tra il 1145 ed il 1153, transita dal territorio di Santo Stefano per dirigersi da Genova verso Roma.

Ulteriori notizie sul borgo ci vengono fornite da una bolla pontificia di Anastasio IV del 1154, nella quale la Pieve di Santo Stefano, situata all’interno del centro abitato, riceve l’appellativo topografico “de Cerreto”, ricordato successivamente in molti documenti del Codice Pelavicino. Il borgo con il tempo conosce una maggiore organizzazione sociale, tanto che Federico I Barbarossa, nel luglio del 1185, ne esalta ancora la funzione mercantile. La prima attestazione dell’esistenza della Comunità risale al 12 maggio 1202, quando nel lodo arbitrale pronunciato da Uberto di Parente e Truffa da Castello, oltre al Vescovo e ai Malaspina, giurano pace anche “consules, milites et populos” di Santo Stefano Magra.

Nel 1203 i consoli delle terre vescovili pattuiscono con altri Signori la costruzione di nuovi castelli e la designazione di aree concesse agli abitanti del borgo: questi consoli non sono altro che i custodi della potenza del Vescovo, tenutari dei suoi beni, nuovo ceto dirigente.

Mentre la vicina Sarzana ambiva a diventare il centro egemone della vallata, dopo che, nel 1204, la bolla di Innocenzo III aveva sancito la definitiva translazione della sede vescovile dall’antica Luni alla nuova Città, Santo Stefano accetta, mediante l’antica formula dell’accasamento, la cittadinanza sarzanese, ricevendo in cambio una casa “ante strata Romea, retro Carcandola”, quale residenza simbolica della Comunità.

Con questo atto il borgo accettava la politica di espansione della vicina Sarzana, confermando i propri privilegi, trattando inoltre, nel 1257, la regolamentazione del “generale forum sive mercatum”, da tenersi ogni domenica. Di conseguenza il borgo acquista una certa autonomia impositiva, ricavando entrate maggiori dagli scambi commerciali, con le zone limitrofe. Un altro intervento vescovile si avrà nel 1277, quando Enrico da Fucecchio, dopo aver compiuto un’accurata indagine giuridica, istituirà di nuovo la gabella in Santo Stefano, i cui proventi saranno destinati alla Mensa Vescovile.

Le merci trasportate erano di diverso tipo. Gli scambi avvenivano principalmente con tele, lino, pelli, legname, acciaio, ferro, formaggi, sale, allume. Dopo il 1306, con la pace di Castelnuovo Magra, Santo Stefano rientrò nell’orbita sarzanese, ne seguì le vicende politiche, stipulò patti e convenzioni per l’uso dei mulini, giurò fedeltà a Castruccio Castracani degli Antelminelli, Signore di Lucca.

Santo Stefano divenne poi, a causa della sua posizione strategica, luogo importante nelle conquiste dei Visconti, tra il 1344 ed il 1402, specie se si considera che, in quegli anni, i Signori di Milano diedero vita al tentativo di unificare l’Italia settentrionale, tra cui era compresa Genova ed il territorio ligure.

Nel 1421 il borgo passò al governo dei Campofregoso, nobile famiglia genovese. Nel 1484 fu sotto il dominio del Banco di S. Giorgio e nel 1562 della Repubblica Genovese. Le imprese dei Genovesi nel borgo erano tutte atte a trarne vantaggi economici e soltanto nella seconda metà del 1600, dopo essere stato sottoposto alle tasse ordinate dal Capitano di Sarzana, il borgo si riprese economicamente.

Negli anni 1797-1799 Santo Stefano entra in rapporto con il governo francese e questo passaggio determinò l’introduzione di nuovi sistemi istituzionali, quali le elezioni delle cariche e i consigli municipali. Nel 1810, per motivi di ordine sanitario, fu autorizzato dal Prefetto di Chiavari, Rolland, l’abbattimento e l’abbassamento delle mura, che circondavano il borgo, di cinque metri per tutta la loro estensione, furono altresì autorizzate le sostituzioni di alcune parti in legno della casa comunale e “riassettata” la via principale.

Dopo la Restaurazione, la Liguria passò sotto il dominio sabaudo e nel 1818, con Regio Editto di Vittorio Emanuele I, fu costituita la Provincia del Levante, con sede a La Spezia, composta da 29 comuni, raggruppati in sei mandamenti; il comune di Santo Stefano di Magra entrò a far parte del mandamento di Sarzana; in ogni mandamento vi era un giudice di prima istanza, un esattore, mentre la popolazione del territorio mandamentale costituiva un contingente per la leva militare.

L’effetto dei moti liberali del ‘48 ebbe notevole risonanza in Lunigiana, dove erano sorti governi provvisori locali. Il clima generale di tensione, la paura di nuovi disordini, spinsero il Sindaco di Santo Stefano ad emettere un proclama con cui, trovandosi nel periodo di carnevale, vietava qualsiasi uso di maschere o travestimenti “capaci di turbare l’ordine pubblico”. Moti insurrezionali furono organizzati nel settembre 1853, finiti con la scoperta dei vari capi, tra cui Felice Orsini, che furono presto catturati.

Tra il 1880-1890 assistiamo ad una forte ripresa demografica che interessa non solo La Spezia, ma tutti i paesi limitrofi, legata sicuramente alle grandi opere dell’arsenale militare, ai lavori per la costruzione della linea ferroviaria Spezia-Parma, ultimata nel 1894 e che, a Santo Stefano di Magra, si univa alla linea Sarzana-Pisa.Non dimentichiamo la costruzione del canale Lunense, che risultò di notevole importanza per lo sviluppo economico locale; ed ancora la costruzione delle Murella per contrastare le inondazioni del fiume Magra.

Oltre a queste opere, nuove industrie sorsero nella zona affiancandosi a quelle già esistenti, con particolare riferimento a quelle dei refrattari, vetro e materiali lapidei; alle vecchie fabbriche di laterizi sarzanesi si aggiungono: le vetreria di Sarzana; la Società Fornaci Italiane, la Ceramica Vaccari a Ponzano nel 1900 e, più tardi, la Società Italiana Refrattari a Santo Stefano di Magra e la Refrattari Verzocchi nel Golfo.

La politica del Fascismo, che manifestava l’esigenza di difendere i terreni dalle acque e soprattutto di trovare nuove aree da destinare all’agricoltura, si fece sentire anche in Val di Magra dove furono effettuati interventi di bonifica su tutto il territorio (nel 1933 nacque il Consorzio di Bonifica ed Irrigazione). All’epoca, infatti, le zone basse e l’area litoranea presentavano un aspetto in buona misura paludoso, inoltre il Magra tracimava spesso durante le piene, allagando le pianure circostanti. Il Consorzio cancellò quasi tutte le aree acquitrinose anche nel Comune di Santo Stefano, che cominciò ad accogliere abitazioni e fabbriche per divenire, in breve tempo, l’attuale affollato crocevia di molteplici attività.

Beni culturali:

Santo Stefano di Magra rappresentò una tappa fondamentale lungo la via francigena, la via peregrinalis per eccellenza verso Roma, la Terrasanta e Compostela. Il continuo traffico di personaggi e idee rese il paese lunense uno snodo importante nei traffici commerciali della zona. Le vestigia di questo fervente periodo mediovale si possono tuttora ammirare in permanenze architettoniche sparse per il territorio del comune e delle vicine località.

I borghi storici:

Ponzano Superiore

Gli studiosi di storia dell’urbanistica non hanno alcun dubbio in merito all’antichissima origine di Ponzano: secondo il Landinelli è al console Caio Pontio Ligo che si deve il nome del borgo. Altri lo collegano al “Fundum Pontianum” delle Tavole Velleiate. La prima notizia si ha in un documento del 986 quando al Vescovo di Luni è riconosciuta la proprietà di alcuni beni posti nel territorio di Ponzano.

Nel 1202 Gualtiero, vescovo di Luni, appare l’unico signore del castello avuto “per compera”. Anche nel trattato stipulato nel 1306 da Dante, procuratore del Marchese Malaspina, si riconosce Antonio da Camilla, vescovo di Luni, padrone di Ponzano. Il borgo passa poi sotto il dominio di Castruccio Castracani, come altri della zona (Sarzana, Santo Stefano) successivamente ai Malaspina e nel 1541 è venduto al Banco di S. Giorgio. La struttura urbanistica di Ponzano, ricca di scale, rampe e strade anguste, sottolineano l’impianto medievale del borgo. Su queste percorrenze interne si affacciano botteghe ed osterie, ricordate in documenti del sec. XVII. La comunità, in prevalenza agricola (ed ebbe nel `600 uno sviluppo notevole), era interessata alla salvaguardia del territorio; ne sono la conferma gli “Statuti genovesi” che regolavano anche l’allevamento degli animali, la macellazione, la vendita delle carni. Il borgo rimane nell’ambito della Repubblica di Genova fino alla fine del XVIII secolo quando la comunità, dotata di propria autonomia e statuti, passa alla Repubblica Ligure, diventando nel 1804 parte integrante del Comune di Santo Stefano, di cui oggi è frazione

Oratorio della Madonna di Castiglioni

Si racconta che nel luglio 1647 Giovanni Battistini, un ragazzo di Ponzano, tornava a casa dal mulino Vincinella, pregando la vergine Maria per sé e per i suoi. Giunto al luogo detto dei Castiglioni, ai piedi del monte che porta a Ponzano, gli apparve una visione meravigliosa: la Vergine circondata da una lucida nube, avvolta in un bianco mantello. Dopo quest’apparizione, Castglioni diventò meta di pellegrinaggio e luogo di culto per i credenti, tanto che il Vescovo diocesiano acconsentì la costruzione di un santuario, che venne ultimato in un anno. Il tempietto, risalente al 1648, presenta un altera in marmo su cui è esposto il dipinto rappresentante la Vergine e il Bambino Gesù quali erano apparsi a Giovanni Battistini. Si segnalano inoltre nella Parrocchia di San Bartolomeo di Ponzano inferiore alcuni dipinti tra cui segnaliamo una Madonna col Bambino e San Giovanninoattribuita a Domenico di Giacomo detto il Beccafumi, il quale, certamente, dovette eseguire il dipinto intorno al 1540. Il santuario guadagnò nel corso degli anni sempre più importanza dal punto di vista religioso e culturale, al punto che nel 1847 il tempietto fu eretto a chiesa parrocchiale per decreto del monsignore Francesco Agnini.

Villa Pratola

Villa Pratola è uno degli edifici storici più eleganti della Lunigiana e rappresenta una felice sintesi di elementi dell’architettura ligure e di quella toscana. Sorge al centro di una zona turistica notevole sia per le bellezze naturali che per quelle storiche e culturali, dotata di ottima ricettività alberghiera.
Il complesso della Villa risale al XVIII secolo ed è costituito da un elegante corpo centrale in stile barocco, con due scalinate esterne laterali in marmo bianco di Carrara che ne rappresentano l’elemento caratteristico, e da due fabbricati laterali simmetrici, utilizzati in origine per scopi agricoli.
La Villa, sormontata dallo stemma marchionale e adornata di coppe e vasi medicei, è circondata sul lato nord da un giardino all’italiana e sul lato sud da ampi spazi a prato verde.

Santo Stefano di Magra

Pieve di Santo Stefano protomartire e oratorio San Leonardo

Nel 1749 fu deliberato di costruire la chiesa parrocchiale secondo il progetto presentato dal genovese Ferdinando D’Andrea, con sei cappelle, due grandi e quattro piccole, oltre il coro e la cupola in mezzo. La chiesa, che ancora oggi si può ammirare, andò a sostituire un’ antica pieve medievale, datata 1324.
Dopo un mese iniziarono i lavori, e, nonostante alcuni rallentamenti negli anni 1753-1759, finalmente nel 1764 Santo Stefano apriva al culto la sua grandiosa chiesa: i lavori per completare la chiesa plebana continuarono comunque anche nel corso dell’Ottocento. La chiesa di Santo Stefano, di pregevole arte barocca genovese, tra i più bei monumenti della Liguria e della Lunigiana, ha una pianta a forma di croce greca con un’abside prolungata nel senso longitudinale che comprende l’altare maggiore e il coro; nell’asse trasversale sono posti due grandi altari. Al lato di questi sono disposte quattro cappelle che nel complesso, due a due, fanno da corona all’abside centrale. Opposto all’altare maggiore è ubicato l’ingresso principale con sovrastante un bellissimo organo pensile. Sulla sommità della chiesa si presenta l’imponente e profonda cupola in cui sono collocate quattro finestre. La chiesa parrocchiale conserva preziosi stucchi, recenti affreschi di Carlo Morgari, buone pitture su tela non ancora attribuite, bellissimi marmi d’altare con sculture apprezzabili e fra queste quella della Natività e di Santa Croce dei secoli XV e XVI.

Porta Nord

L’antica Porta Nord si apre ancora a sinistra di piazza della pace e rappresenta un punto di grande rilevanza storica per il paese. Sotto il suo arco si passava per accedere al borgo paese e raggiungere la rocca, difesa da mura e case torri. Punto nevralgico nella cinta muraria del paese, la porta era sede della prima gabella e venne evidenziata nel catasto napoleonico come “Porta e Strada alla Lombardia”Del vecchio ingresso è ancora visibile in parte la grande base fatta a scarpata con blocchi di calcare e la nicchia dove stazionava la sentinella a guardia dell’entrata.

Ponzano Belaso

Si tratta di un centro abitato che si è sviluppato tra la fine dell’800 ed i primi del `900 attorno ad un nucleo iniziale detto “La Corte”. Vi si individuano gruppi di case sviluppatesi conseguentemente alla crescita della Vaccari, in particolare la Chiesa, le case operaie, la scuola, lo spaccio aziendale. Oggi lungo la via Cisa sud, verso la collina ed il piano, lo sviluppo edilizio si presenta in tutta la sua espressione fondendo il nuovo con il vecchio.

Chiesa di San Carlo Borromeo

La chiesa fu costruita nel 1941 ed inaugurata il 24 maggio del 1950, su progetto dell’ Architetto Luigi Ferrari di Genova. Formata da un’ampia navata che termina in una abside semicircolare, presenta mosaici in ceramica mentre davanti all’altare si può notare un pannello che riproduce la scena della “Tempesta sul Lago Genezaret”. Sulle pareti laterali si aprono 16 finestre con architrave ed arco a tutto sesto.La chiesa fu costruita nel 1941 ed inaugurata il 24 maggio del 1950, su progetto dell’ Architetto Luigi Ferrari di Genova. Formata da un’ampia navata che termina in una abside semicircolare, presenta mosaici in ceramica mentre davanti all’altare si può notare un pannello che riproduce la scena della “Tempesta sul Lago Genezaret”. Sulle pareti laterali si aprono 16 finestre con architrave ed arco a tutto sesto.

PIATTI DELLA TRADIZIONE GASTRONOMICA

Ortaggi, prodotti di bosco, la carne dell’aia, la pesca di fiume, gli aromi delle erbe selvatiche, olio di collina e vino. Questi gli ingredienti delle antiche ricette, da proteggere e conservare, che compongono la “CUSINA D’SA’ STEU”.

TURISMO

OSPITALITA’ E RISTORO

Moltissimi Hotel, Agriturismi, Affittacamere, Bed & Breakfast, Ristoranti e Pizzerie.

PRODOTTI TIPICI ARTIGIANATO E SHOPPING

Sul territorio è possibile acquistare direttamente dai coltivatori e presso le aziende agricole i prodotti locali: olio, vino, miele, prodotti biologici e della floricoltura.

AZIENDE AGRICOLE e produzione locale

Il comune di Santo Stefano di Magra ospita sul suo territorio diverse aziende agricole, dedite alla lavorazione e produzione di prodotti tipici locali. Nelle colline di Ponzano e nella piana di Santo Stefano sono presenti vaste aree coperte da uliveti e diversi frantoi, che rendono il nostro comune un importante sito di produzione olearia all’interno della vasta lunigiana.

La coltura della vite e la produzione vinicola sono un altro punto di forza della enogastronomia santostefanese. Le zone collinari sopra il paese e i poggi del Monte Grosso presentano un terreno particolarmente adatto alla coltivazione della vite e offrono ogni anno raccolti di qualità. Le aziende agricole locali si occupano della lavorazione dell’uva, garantendo un prodotto finito di eccellenza. Le uve dei vigneti santostefanesi sono tra quelle destinate per la produzione del vino d.o.c nostrano “Colli di Luni”.

Curiosità

La cultura della vite ha sempre rappresentato, per le due comunità di Santo Stefano e Ponzano, uno dei principi fondamentali del vivere civile, tanto che gli statuti nell’antichità dedicavano parecchie rubriche a questo argomento.

Nell’antichità il vino era riconosciuto come prodotto alimentare di prima necessità, insieme alla carne, al pane, all’olio e al formaggio. La vite veniva coltivata in coltura promiscua, in seminativi che comprendevano anche alberi da frutto e olivi: in queste condizioni colturali, l’elevata quantità di vino prodotto non aveva particolari qualità.  In seguito, fu stabilito che i vitigni dovevano essere selezionati: si dovevano ripristinare i più antichi, che avevano una lunga tradizione nelle terre santostefanesi: l’albarola, il vermentino, il rossese bianco, la bracciola, per i vini bianchi; il rossese nero, il ciliegiolo, il barbarossa per i vini neri.  I vigneti occupano attualmente un ruolo importante nei terreni di mezza costa, dove spesso troviamo vitigni come il moscatello e la malvasia, maritati con alberi come l’acer campestre.

SERVIZI PER IL TURISMO

Per affrontare la fase di ripresa, in seguito alla situazione emergenziale attivata per il contenimento del COVID-19, l’Amministrazione Comunale di Santo Stefano di Magra ha impegnato per sostenere le strutture ricettive del territorio. Per agevolare la permanenza dei turisti sul territorio, puntando su mete turistiche che sono eccellenze del territorio provinciale: la Via Francigena e le 5 Terre.

Le strutture ricettive offrono quindi un vero e proprio “pacchetto turistico” che comprende l’accesso ai servizi erogati dal Parco Nazionale delle 5 Terre ed escursioni sui sentieri della Via Francigena nel territorio comunale e limitrofi; Per informazioni contattare le strutture ricettive del territorio.

AMBIENTE E TERRITORIO

IL TERRITORIO

Paesaggio
L’intera valle del Magra fu, fin dall’antichità, coltivata intensamente, utilizzando le terre alluvionali assai fertili. Lungo il fiume sorsero frantoi e mulini, come quelli di Piazza o della Vencinella, ricordati nel Codice Palavicino e negli Statuti di Santo Stefano e Ponzano. Il fiume costituiva una continua minaccia per i terreni agricoli: ed ecco i primi argini in pietra a Santo Stefano, e l’intenzione, già viva negli Statuti, di preservare la vegetazione lungo le sponde per ridurre il forte impatto delle piene; ecco la rete difensiva di strade alberate e fossi, ecco le palafitte, semplici e doppie, per ridurre la forza delle acque.

Da Santo Stefano fino alla foce, il fiume si allarga e presenta grandi pregi naturalistici, conservando intatto l’antico fascino ed una molteplicità di ambienti che mostrano significative presenze animali e vegetali, specialmente ornitiche.

Il fiume procede pigramente descrivendo meandri larghi e ciottolosi, con rive ricoperte da folta vegetazione e tracciate da antichi sentieri. In molti casi le acque ristagnano in anse appartate rivelando un paesaggio semipalustre di grande suggestione. Uccelli stanziali e migratori trovano oggi dopo l’istituzione del Parco, un luogo di sosta sempre più apprezzato da birdwatcher e naturalisti che puntano su “incontri” affascinanti con corrieri, calandrelle, aironi cenerini, garzette, cannareccioni, tarabusini ed usignoli di fiume.

Gli ultimi frammenti di natura, quasi miracolosamente giunti fino a noi, appaiono particolarmente preziosi e fragili. Preziosi perché testimonianza di un paesaggio fluviale di un tempo e di antiche paludi costiere; fragili perché ormai completamente inseriti nel contesto urbano e produttivo della bassa Val di Magra e quindi esposti a minacce di ogni tipo.

Tra la Via Francigena e l’Alta Via dei Monti Liguri

Nell’ambito del progetto europeo di riscoperta dell’antico percorso della Via Francigena le sezioni del Club Alpino Italiano di Sarzana, Pontremoli e Parma hanno concertato l’individuazione e la riapertura di percorsi che ricostruiscono il reticolo viario medievale verso i crinali montani. Grazie a questa iniziativa, ripercorrere la variante alta della Via Francigena è da oggi possibile anche per il pellegrino del 2000. La sezione C.A.I. ed il gruppo di lavoro “Terre Alte” di Sarzana l’ha riscoperta a seguito di un attento studio condotto attraverso le preziosissime testimonianze degli anziani di Ponzano e Falcinello e l’esame dell’antica cartografia militare, e l’ha resa percorribile con un intenso lavoro di ripulitura e segnalazione durato due anni.

Il tratto in questione, segnalato con le lettere VF e con il tradizionale simbolo biancorosso che contraddistingue i sentieri CAI, prende avvio dal ponte sul torrente Amola in località Ghiaia di Falcinello, in prossimità di Sarzana. Una salita conduce l’escursionista su una collina, il “podium quod dicitur Castellone”, sulla quale sorgeva il castello della Brina; tutt’oggi se ne possono ammirare i ruderi, costituiti da una parte di torre circolare crollata, rimasta come adagiata su un lato, donde anche la denominazione di “torraccio”, probabilmente parte del sistema difensivo e di avvistamento del “castrum”. Il castello della Brina è stato costruito nel 1160 per iniziativa ed opera del Vescovo di Luni come fortilizio di difesa e di controllo sulla strada, breve e sicura via del sale e di tutte le altre mercanzie, della quale sono riconoscibili tratti di selciato in corrispondenza dei ruderi.

Alle falde del poggio della Brina, in località Lago, si trova un’antica edicola con l’effigie di San Biagio, patrono degli agricoltori; è da rilevare il possibile collegamento tra l’attuale edicola e la chiesa della Brina intitolata a San Biagio e citata in un documento del 1279.

Domina il primo tratto di sentiero l’antico borgo di Falcinello, confermato dall’imperatore Federico I al Vescovo di Luni Pietro nell’anno 1185 come “castrum” cioè borgo fortificato. Del castello non resta pressoché nulla eccetto il torrione che dal 1300 è parte integrante della torre campanaria. L’antica cartografia viaria evidenzia la posizione strategica del borgo sia con riferimento alla direttrice principale di fondovalle che con la variante montana che attraversava appunto i possedimenti di Falcinello e quelli del vicino borgo di Ponzano: le torri dei due paesi risultano, non a caso, perfettamente allineate.

Superato il “torraccio” della Brina, un breve tratto di sentiero conduce a Ponzano Superiore. Poco si sa delle origini del borgo: esso risulta allineato con i borghi collinari del versante opposto della Valle del Magra, essendo l’altro punto strategico di controllo del traffico viario medievale. Il castello di Ponzano è nominato in un atto del 999 in cui il Vescovo di Luni è riconosciuto proprietario di alcuni beni in Ponzano. Nominato anche nel trattato del 1306 stipulato da Dante Alighieri, procuratore del Marchese Malaspina, e il Vescovo di Luni Antonio da Camilla, nel quale quest’ultimo è riconosciuto padrone di Ponzano, il paese passa sotto il dominio di Castruccio Castracani come Santo Stefano e Sarzana e nel 1541 è venduto al Banco di San Giorgio; nel 1804 passerà alla Repubblica Ligure.

Non resta a Ponzano traccia della vecchia pieve di San Michele, attestata in documenti del XIII sec. come dipendenza della pieve di Santo Stefano de Cerreto. Lungo la scalinata che conduce all’attuale chiesa in stile barocco, si può ammirare, incastonato in un’edicola, lo stemma di San Giorgio con il drago del 1541, testimonianza dell’appartenenza di Ponzano al Banco di San Giorgio: fa da controparte, nelle stesso muro, dalla parte opposta, un altro stemma con corona e tre gigli, del 1495, unico segno della signoria di Carlo VIII in questo territorio. Degna di nota, nella piazza Immacolata, al di sotto della chiesa, la facciata seicentesca del palazzo Remedi, con un vasto cortile interno, simbolo della potenza della famiglia.

Lasciato Ponzano, il sentiero prosegue con ripida salita fino all'”incrocio delle quattro strade”, dove il ramo della Via Francigena che stiamo percorrendo si incontrava con la via che da Caprigliola, attraverso Ponzano, portava verso Fosdinovo.

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